Dopo l’acceso dibattito scaturito dal caso Cospito, il regime del 41-bis sembra essere tornato nella sua tradizionale collocazione, una collocazione nell’ombra, e con esso anche la situazione delle persone detenute destinatarie del regime speciale.
Dopo l’acceso dibattito scaturito dal caso Cospito, il regime del 41-bis sembra essere tornato nella sua tradizionale collocazione, una collocazione nell’ombra, e con esso anche la situazione delle persone detenute destinatarie del regime speciale. Tale specialità deriva da molteplici ragioni; in primo luogo, dal fatto che, per soddisfare le esigenze di ordine e sicurezza – sia dell’istituzione, ma anche della società tutta – per i detenuti in regime 41-bis è possibile sospendere le regole del trattamento ordinario, con l’obiettivo precipuo di impedire i collegamenti interni ed esterni con la criminalità organizzata. L’applicazione del regime avviene tramite decreto motivato del Ministero della Giustizia e inizialmente ha una durata di quattro anni, mentre i rinnovi che intervengono successivamente hanno una durata di due anni. I detenuti che possono essere sottoposti al 41-bis sono i soggetti condannati o imputati per ciascuno dei delitti di cui al primo periodo del comma 1 dell’articolo 4-bis della Legge sull’Ordinamento Penitenziario (per esempio reati commessi con finalità di terrorismo, anche internazionale, o di sovvertimento dell’ordine democratico per mezzo di atti di violenza) o, in ogni caso, per un crimine che sia stato commesso al fine di favorire l’associazione di tipo mafioso e che sia collegabile con un’associazione criminale, eversiva o terroristica. Ciò nonostante è bene chiarire che l’applicazione del 41-bis non si fonda solamente sul titolo di reato, bensì sulla valutazione dell’effettivo pericolo di permanenza dei collegamenti con l’organizzazione criminale.
La specialità del regime si evince anche dall’articolata cornice normativa che si è andata sempre più intrecciando nel corso degli anni. L’ultimo intervento propriamente normativo risale a quindici anni fa, con la Legge 15 luglio del 2009 n. 94, la quale ha dettato la configurazione vigente del regime speciale. Gli interventi legislativi sono sempre stati accompagnati sia da pronunce della Corte Costituzionale, che hanno inciso profondamente nella configurazione del 41-bis per far sì che rientrasse all’interno dei parametri di costituzionalità, ma anche da una serie di circolari amministrative emanate dall’Amministrazione penitenziaria e financo da specifiche disposizioni adottate dai singoli direttori di istituto. L’ultima circolare, la n. 3676/6126, che attualmente detta la linea circa le caratteristiche della vita detentiva in 41-bis, fu emanata nell’ottobre del 2017. Questo atto di carattere amministrativo si sostanzia in indicazioni specifiche che mirano a regolare ossessivamente tutti gli aspetti della vita quotidiana, provocando quella che potremmo definire una “burocratizzazione dei diritti” delle persone recluse nelle sezioni dedicate al 41-bis.
A ciascun detenuto in 41-bis viene assegnata una cella singola, nella quale trascorre circa 21 o 22 ore al giorno. Inoltre, ogni detenuto viene inserito in un gruppo di socialità composto da un totale di quattro detenuti, che saranno gli unici detenuti con cui potrà interagire
In virtù del principio di separazione, volto a garantire le finalità di ordine e sicurezza, a ciascun detenuto in 41-bis viene assegnata una cella singola, nella quale trascorre circa 21 o 22 ore al giorno. Inoltre, ogni detenuto viene inserito in un gruppo di socialità composto da un totale di quattro detenuti, che saranno gli unici detenuti con cui potrà interagire, all’interno delle cosiddette “sale della socialità”.1) La scelta dei detenuti da inserire nel gruppo viene effettuata dal direttore dell’istituto che, secondo quanto indicato dalla circolare del 2017, dovrà fare in modo di impedire gli incontri tra i vertici delle stesse famiglie, di gruppi alleati, o gruppi contrapposti o i contatti tra personaggi di spicco. Ma la specialità che connota il 41-bis va oltre; sono infatti previste anche delle “Aree riservate” pensate per coloro che ricoprono posizioni apicali all’interno delle organizzazioni mafiose. Costoro non sono ammessi ai gruppi di socialità a quattro, bensì per loro la vita si declina in un modello a due, all’interno del quale, paradossalmente, un detenuto è inserito nell’area riservata per fungere da “dama di compagnia” dell’altro. Secondo quanto riportato dal Garante Nazionale, in data 27 febbraio 2023 erano 35 le persone assegnate alle aree riservate e la modalità a due era stata riscontrata negli istituti di Novara, Parma e Milano-Opera.
Altri fattori di specialità si rinvengono nel fatto che le sezioni 41-bis sono gestite da un personale penitenziario ad hoc, il Gruppo operativo mobile (GOM), che si occupa specificatamente di una serie di attività quotidiane di controllo e vigilanza quali l’accertamento numerico dei detenuti in 41-bis, la verifica delle inferriate, il controllo delle camere di pernottamento e la realizzazione delle perquisizioni.
Ancora più incomprensibile appare il divieto di affissione ai muri della cella di qualsiasi cosa, ad eccezione di una singola fotografia famigliare
L’amministrativizzazione (soprattutto attraverso la circolare 3676/6126 del 2017) della vita all’interno delle sezioni dedicate al 41-bis raggiunge livelli di esasperazione difficili da comprendere, sia perché non coerenti con la giurisprudenza costituzionale in materia, sia perché superflui rispetto all’unico legittimo scopo del regime speciale, ovvero quello di interrompere i legami con la criminalità organizzata. Oltre ad esplicitare il diametro massimo delle pentole e dei pentolini che possono essere tenuti in cella dai detenuti in 41-bis, la circolare prevede anche la consegna dei prodotti per l’igiene personale al mattino ed il loro ritiro alla sera, la possibilità di tenere non più di quattro libri e di consultare solamente i giornali considerati “di ampia diffusione nazionale”. Ancora più incomprensibile appare il divieto di affissione ai muri della cella di qualsiasi cosa, ad eccezione di una singola fotografia famigliare.2)
Ma quanti sono i detenuti in 41-bis? Si tratta di un numero alto, che si mantiene stabile nell’ultimo decennio. Secondo i dati pubblicati dal Ministero della Giustizia aggiornati all’11 dicembre 2023, il numero dei detenuti presenti è di 733 – di cui 12 donne presso la Casa di Reclusione de L’Aquila e 7 internati presso la Casa Circondariale di Tolmezzo – dislocati nelle 12 sezioni 41-bis presenti nel territorio nazionale. Al 4 aprile 2024, secondo dati del DAP, i detenuti in 41-bis sono 721.
Per quanto riguarda l’affiliazione alle organizzazioni criminali dei detenuti in 41-bis in base ai dati pubblicati dal Ministero della Giustizia e aggiornati all’11 dicembre 2023, 203 reclusi appartengono alla Camorra, 209 alla Ndrangheta, 205 a Cosa nostra, 25 alla mafia pugliese, 22 alla mafia siciliana, 19 alla Sacra corona unita, 5 alla Stidda, 4 alla mafia lucana, 3 ad altre mafie e 4 al terrorismo (interno e internazionale).
Una delle ragioni che potrebbe contribuire a spiegare il numero piuttosto stabile delle presenze in 41-bis è il numero elevato di rinnovi automatici – ovvero senza aver svolto una verifica attenta circa la permanenza dei legami con l’organizzazione criminale – del provvedimento iniziale di imposizione del regime 41-bis. Secondo il Garante nazionale, non sono poche le persone che si trovano in 41-bis da più di vent’anni; altrettante sono quelle che scontano l’intera condanna nelle sezioni 41-bis, mentre gli ergastolani sottoposti al regime speciale sono meno del 30%.
Davanti a questi dati e al quadro proposto, la specialità del 41-bis sembra essere ormai investita da un processo di normalizzazione, rendendo tale regime per i detenuti che vi sono sottoposti un’afflizione che ormai ha perso il carattere di eccezionalità.
Al contrario delle sezioni 41-bis, che sono gli unici spazi penitenziari che non possono essere visitati dagli osservatori di Antigone, le sezioni dell’Alta sicurezza sono oggetto di monitoraggio diretto da parte dell’Osservatorio sulle condizioni di detenzione.
I circuiti dell’Alta sicurezza sono stati istituiti con la Circolare DAP n. 3619/6069 del 2009 attraverso la quale lo spazio penitenziario e l’organizzazione della vita penitenziaria sono stati declinati in tre circuiti: Media sicurezza3), Alta sicurezza e Custodia attenuata. A sua volta l’Alta sicurezza si articola in tre sottocircuiti: AS1 a cui sono assegnate le persone appartenenti alla criminalità organizzata di tipo mafioso, nei cui confronti sia venuto meno il decreto di applicazione del regime 41-bis; AS2 in cui vengono inseriti i soggetti imputati o condannati per delitti commessi con finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell’ordine democratico mediante il compimento di atti di violenza e AS3 per le persone imputate o condannate per reati previsti dall’art. 4-bis comma 1 della Legge sull’Ordinamento Penitenziario, fatte salve le deroghe fissate nella circolare DAP n. 20 del 19 gennaio 2007.
Se l’assegnazione ad un determinato circuito avviene in maniera pressoché automatica in base al titolo di reato commesso, da cui si desume il livello di pericolosità del detenuto, la declassificazione, invece, è determinata dalla condotta penitenziaria. A tale proposito, particolarmente delicato è il passaggio dal regime del 41-bis al circuito dell’AS1 poiché, sebbene le sezioni di Alta sicurezza siano comunque caratterizzate da importanti restrizioni rispetto a quelle ordinarie (che riguardano in particolare i colloqui e le attività), il detenuto si trova a dover passare da un regime di sostanziale isolamento a dover condividere a volte la cella con altre persone, ad interagire con queste, e anche a relazionarsi con gli agenti penitenziari non appartenenti al reparto speciale del GOM.
Per quanto riguarda la quotidianità detentiva presso le singole sezioni, ampia discrezionalità è lasciata alla direzione dei singoli istituti, per cui il contenuto del circuito pare più sostanziarsi in un insieme informale di decisioni ed opportunità di gestione delle risorse e degli spazi da parte dell’istituzione, piuttosto che in una prassi giuridica ben definita.4)
Secondo i dati del DAP aggiornati al 4 aprile 2024, i detenuti assegnati al macro-circuito dell’Alta Sicurezza sono 9.439. Dai dati raccolti durante l’attività di monitoraggio di Antigone svolta nel 2023, dei detenuti inseriti in Alta Sicurezza, il 97,1 % sono assegnati al sottocircuito AS3 (l’istituto visitato che ospita più detenuti è quello di Secondigliano), 2,1% (38 a Parma, 29 ad Oristano, 19 a Catanzaro) al sottocircuito AS1 e circa lo 0,8 % (38 a Parma, 29 ad Oristano, 19 a Catanzaro) al sottocircuito AS2 (11 a Terni, 9 a Sassari, 8 a Melfi, 5 a Ferrara 1 a Piacenza).
References
↑1 | Spesso si tratta di sale anguste, dal mobilio scarno, così come angusti sono i cortili di alcune sezioni 41-bis, sprovvisti di elementi di vegetazione e di attrezzature per poter fare attività fisica, oltre spesso a non permettere un’estensione e una profondità dello sguardo. Si veda Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà (2023), Rapporto tematico sul regime detentivo speciale ex art. 41-bis dell’Ordinamento Penitenziario. |
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↑2 | Sono consentite solamente trenta fotografie in cella, le cui dimensioni non possono eccedere i 30 cm x 20 cm. |
↑3 | Nell’approfondimento dedicato all’isolamento si tratta dei cambiamenti che recentemente hanno investito l’articolazione del circuito di media sicurezza, evidenziando una progressiva tendenza di chiusura del sistema penitenziario italiano. |
↑4 | Cfr. Santorso S., Vianello F. (2017), La circuitazione dei detenuti: differenziazione, contrattazione e gestione degli spazi del penitenziario, Rivista Antigone, pp. 7-10. |