Erano 2.392 le donne presenti negli istituti penitenziari italiani al 31 gennaio 2023, di cui 15 madri con 17 figli al seguito
Quante e dove
La presenza delle donne detenute nelle carceri italiane si attesta da molti anni poco sopra il 4% del totale della popolazione detenuta. Se all’inizio degli anni Novanta del secolo scorso, quando il numero complessivo delle persone detenute era poco più della metà di quello odierno, la percentuale femminile superava di poco il 5% del totale dei reclusi, essa è ormai ferma da molti anni attorno all’attuale 4,2%.
Erano 2.392 le donne presenti negli istituti penitenziari italiani al 31 gennaio 2023, di cui 15 madri con 17 figli al seguito. Le quattro carceri femminili presenti sul territorio italiano (a Trani, Pozzuoli, Roma e Venezia) ospitano 599 donne, pari a un quarto del totale. L’Istituto a custodia attenuata di Lauro ospita 9 madri detenute e altri tre piccoli Icam ospitano 5 donne in totale. Le altre 1.779 donne sono sostanzialmente distribuite nelle 44 sezioni femminili ospitate all’interno di carceri maschili.
Nonostante la riforma dell’ordinamento penitenziario entrata in vigore nell’ottobre 2018 abbia introdotto all’art. 14 l’esplicita specificazione che le donne ospitate in apposite sezioni devono essere “in numero tale da non compromettere le attività trattamentali”, si continua ad andare dalle 114 presenze femminili nel carcere milanese di Bollate o dalle 117 nel carcere di Torino alle 5 di Mantova, le 4 di Paliano, fino alle 2 di Barcellona Pozzo di Gotto, numeri piccolissimi risalenti nel tempo. Difficile organizzare occupazioni significative per queste persone, nell’approccio generale che quasi mai permette la frequentazione diurna di uomini e donne per partecipare ad attività congiunte. Sbagliato sarebbe tuttavia limitarsi a chiudere sezioni, così da allontanare le donne detenute dai propri riferimenti famigliari e sociali.
La capienza ufficiale delle carceri femminili è pari a 533 posti letto. Il tasso di affollamento ufficiale risulta del 112,3%, superiore al tasso di affollamento ufficiale generale delle carceri italiane (pari al 109,2%, e tuttavia inferiore a quello reale vista la mancata considerazione dei posti letto inutilizzabili). Le donne, con il piccolo peso numerico che arrecano al sistema penitenziario, non sono responsabili del sovraffollamento carcerario ma lo subiscono più degli uomini, quando non soffrono al contrario di isolamento.
Il numero più alto di donne detenute si trova nel Lazio (390), vista la presenza a Roma del carcere femminile più grande d’Europa. Seguono la Lombardia (386) e la Campania (326).
Alla fine del 2021, ultimo dato disponibile, la Campania era la prima regione per numero di donne detenute che avevano lì la residenza (380), seguita dal Lazio (356), dalla Lombardia (283) e dalla Sicilia (215).
Nel 2022, per la prima volta, la percentuale degli stranieri sulla popolazione detenuta complessiva è superiore, sebbene di poco, a quella delle donne straniere sul totale delle donne detenute
Le presenze nel tempo
La fotografia della detenzione femminile in Italia è tendenzialmente statica e si caratterizza da lungo tempo per i piccoli numeri e la scarsa pericolosità sociale. Penetrando all’interno di tale contenitore per scomporlo lungo alcune componenti, i numeri si movimentano un po’ di più, pur senza presentare grandi stravolgimenti. La presenza delle donne straniere sulla totalità degli stranieri detenuti, innanzitutto, scende di un solo punto percentuale dal 2010 a oggi, quando al 31 dicembre 2022 la troviamo pari al 4,08%.
Scende invece di dodici punti percentuali la presenza delle donne straniere sulla totalità delle donne detenute (oggi al 30,5%), segno solo in parte del calo generale degli stranieri in carcere, la cui percentuale totale scende solo di cinque punti (dal 36,7% del 2010 al 31,5% del 2022).
È interessante notare come prima del 2022 le donne straniere pesassero in misura percentuale maggiore sul totale delle donne detenute rispetto agli stranieri in generale sul totale dei detenuti. Alla fine del 2010, ad esempio, gli stranieri in carcere erano il 36,7% dei detenuti mentre le donne straniere erano il 42,6% delle donne detenute. Dieci anni dopo, alla fine del 2020, gli stranieri costituivano il 32,5% della popolazione carceraria mentre le donne straniere costituivano il 33,8% della popolazione detenuta femminile. Nel 2022, per la prima volta, il rapporto si inverte, e la percentuale degli stranieri nelle carceri italiane sulla popolazione detenuta complessiva è superiore, sebbene di poco, a quella delle donne straniere sul totale delle donne detenute.
Le misure di sicurezza non psichiatriche sono legate alla abitualità, professionalità e tendenza nel reato, elementi che evidentemente investono poco le donne
Le posizioni giuridiche
Anche uno sguardo alla composizione giuridica non comporta grandi sorprese. Le donne in custodia cautelare in carcere sono, sul totale dei detenuti in custodia cautelare, in percentuale del tutto paragonabile a quella della loro presenza generale nel sistema penitenziario. La stessa cosa, con un minimo più di rappresentazione, si può dire per le donne in attesa di primo giudizio sul totale dei detenuti in attesa di primo giudizio, segno anche che non vi è un problema specifico femminile di assenza di tutela legale e strumenti capaci di portare a fasi successive del procedimento penale.
Ancora guardando alle posizioni giuridiche, è interessante il dato sulle donne destinatarie di misure di sicurezza detentive all’interno delle carceri.
In concomitanza con la chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (le cui presenze interne venivano conteggiate all’interno della popolazione detenuta generale) il 31 marzo 2015 – e in particolare di quello di Castiglione delle Stiviere, con una grande sezione femminile – si assiste a una netta diminuzione percentuale delle donne internate in carcere sul totale degli internati in carcere, che passa dal 7,6% della fine del 2014 al 2,9% dell’anno successivo. Se le donne destinatarie di una misura di sicurezza psichiatrica erano percentualmente più o meno in linea con il dato generale, una volta che queste sono state trasferite nelle Rems (che non sono carceri e le cui presenze interne non sono conteggiate nella popolazione detenuta), le donne internate che rimangono in carcere, ovvero quelle destinatarie di una misura di sicurezza detentiva non psichiatrica, erano e sono in misura percentuale inferiore rispetto alle presenze femminili generali in carcere. Le misure di sicurezza non psichiatriche sono legate alla abitualità, professionalità e tendenza nel reato, elementi che evidentemente investono poco le donne.
Gli ingressi in carcere
Se passiamo adesso a considerare i dati di flusso relativi agli ingressi in carcere dalla libertà, vediamo come negli ultimi quindici anni si sia quasi dimezzato il numero degli ingressi annuali delle donne. Ciò è piuttosto in linea con quanto accaduto con gli ingressi in carcere in generale, calmierati da norme volte a evitare le cortissime permanenze. La riduzione ha comunque interessato le donne più degli uomini, essendosi, negli anni considerati, ridotta di un punto la percentuale di ingressi femminili, passata dal 7,8% del 2008 al 6,8% del 2022. Essa rimane tuttavia maggiore della percentuale delle presenze delle donne in carcere alla fine dell’anno, che come abbiamo visto al 31 dicembre 2022 era pari al 4,2% del totale delle presenze, segno della maggiore brevità delle permanenze e dunque della minore severità nelle pene ricevute.
Ancor più netto il calo degli ingressi delle donne straniere, il cui numero assoluto è nel 2022 parecchio sotto la metà di quello del 2008. In termini percentuali, se gli ingressi di persone straniere sono scesi complessivamente di sei punti nel periodo considerato sul totale degli ingressi, quelli delle sole donne straniere scendono di quasi due punti sul totale degli ingressi degli stranieri e di ben 14 punti sul totale degli ingressi femminili.
Alla fine del 2021, ultimo dato disponibile, delle 1.598 donne condannate presenti in carcere 355 avevano una condanna fino a tre anni di carcere, di cui 65 fino a un anno. Le detenute ergastolane erano 30, di cui 16 ostative, mentre 72 avevano una condanna a oltre 20 anni di carcere
Pene inflitte e residue
Uno sguardo ai dati sulle pene comminate ci mostra come le donne siano destinatarie di condanne tendenzialmente inferiori a quelle degli uomini. Non solo sono, dunque, molto meno presenti in carcere e nel sistema penale in generale, ma quelle che lo sono costituiscono un insieme caratterizzato da ridotto peso criminale. Gli uomini, infatti, si addensano percentualmente nelle condanne a oltre dieci anni di reclusione o all’ergastolo ben più di quanto non accada per le donne. Viceversa, queste ultime si addensano percentualmente nelle condanne fino a sette anni di carcere ben più di quanto non accada per gli uomini.
Da notare come negli ultimi anni si sia assistito a un innalzamento generale delle pene inflitte. Da notare anche come la percentuale di persone detenute con condanne fino a un anno di carcere fosse nel 2007 – nonostante l’indulto dell’anno precedente – oltre tre volte superiore che nel 2021. Sicuramente parte della spiegazione va ricercata nella possibilità di scontare in detenzione domiciliare l’ultimo anno di pena introdotta dalla legge n. 199 del novembre 2010 e portata a un anno e mezzo dalla legge n. 9 del febbraio 2012.
Alla fine del 2021, ultimo dato disponibile, delle 1.598 donne condannate presenti in carcere 355 avevano una condanna fino a tre anni di carcere, di cui 65 fino a un anno. Le detenute ergastolane erano 30, di cui 16 ostative, mentre 72 avevano una condanna a oltre 20 anni di carcere.
Se dalle pene comminate ci rivolgiamo ai residui di pena ancora da scontare dalle persone detenute, vediamo come le donne si addensino percentualmente in misura maggiore degli uomini nei residui pena sotto i quattro anni.
Se dopo l’introduzione della legge n. 199/2010 le percentuali si uniformano per quanto riguarda i residui pena inferiori a un anno, il maggior addensamento percentuale femminile continua a valere per i residui da uno a quattro anni che, si noti, potrebbero portare a uscire dal carcere in misura alternativa. Nonostante dunque la maggiore tendenza delle donne a usufruire di alternative alla detenzione, il maggior peso percentuale delle donne con brevi pene comminate continua a incidere anche sui residui di pena. Ancora alla fine del 2021, ben 287 donne sulle 1.598 condannate avevano un residuo pena fino a un anno di carcere, 303 da un anno a due anni, 270 da due a tre anni. Erano 16 le donne con residui pena di oltre 20 anni mentre 76 dovevano ancora scontare una pena tra i 10 e i 20 anni.
Tra carcere e area penale esterna
Quanto a tale maggior tendenza femminile a usufruire di alternative al carcere, è interessante analizzare l’insieme complessivo delle persone sottoposte a una qualche forma di controllo penale, ovvero l’insieme costituito dalle persone in carcere sommate a quelle in area penale esterna. Possiamo scomporre tale insieme in quattro parti, a seconda del genere maschile o femminile e della collocazione in carcere o all’esterno, e misurarle percentualmente. Si può vedere come al gennaio 2023 le donne in carcere costituissero l’1,3% del totale delle persone sottoposte a controllo penale, mentre le donne in area penale esterna ne costituivano il 7,9%. Per gli uomini le due percentuali si attestavano rispettivamente al 30,1% e al 60,6%. Se per le donne la seconda percentuale è oltre sei volte maggiore della prima, per gli uomini il rapporto è di circa uno a due. Ciò è segno tanto del maggior numero di condanne brevi ricevute da donne, quanto delle norme specifiche sulle alternative al carcere per le detenute madri, quanto ancora del maggior tasso di fiducia di cui le donne godono presso la magistratura, visto il loro scarso peso in termini di pericolosità sociale.
Il più rilevante scarto percentuale tra uomini e donne rispetto ai reati ascritti riguarda i reati contro il patrimonio, che per le donne pesano il 29,2% su tutti i reati ascritti alla popolazione detenuta femminile, mentre per gli uomini pesano il 23,7%
I reati
Uno sguardo ai reati ascritti alla popolazione detenuta ci mostra come al 31 dicembre 2022 i reati contro il patrimonio fossero di gran lunga i più rappresentati tra le donne in carcere.
A quella data erano complessivamente 134.132 i reati ascritti ai detenuti, per una media di 2,4 reati a persona. Di questi, i reati ascritti a donne erano 4.458, per una media di 1,9 reati ogni donna detenuta, mentre i reati ascritti a uomini erano 129.674, per una media di 2,4 ogni uomo detenuto. Il più rilevante scarto percentuale tra uomini e donne rispetto ai reati ascritti a ciascuna categoria riguarda appunto i reati contro il patrimonio, che per le donne pesano il 29,2% su tutti i reati ascritti alla popolazione detenuta femminile, mentre per gli uomini pesano il 23,7% sui reati ascritti alla popolazione detenuta maschile, con uno scarto di 5,5 punti percentuali. Gli uomini pesano maggiormente nella legge sulle armi (4,7 punti percentuali di più), a indicare probabilmente che nei reati contro il patrimonio effettuati dagli uomini le rapine rispetto ai furti semplici pesano più che per le donne. Anche l’associazione di stampo mafioso vede 2,5 punti percentuali in più tra gli uomini detenuti sulle donne, mentre i reati contro la pubblica amministrazione ne vedono 2,2. Le altre tipologie di reati presentano percentuali più o meno analoghe tra gli uomini e tra le donne in carcere.
Guardando solamente ai detenuti stranieri, sempre al 31 dicembre 2022, dei 34.253 reati complessivamente loro ascritti (per una media di 1,9 reati a persona, inferiore dunque a quella riguardante i detenuti italiani), 32.987 erano ascritti a uomini e 1.266 a donne.
Si riduce la forbice tra donne e uomini relativa ai reati contro il patrimonio, che per i soli detenuti stranieri è di 3,7 punti percentuali. Si riduce anche, all’inverso, quella relativa alla legge sulle armi (1,4 punti percentuali), in generale molto meno rappresentata tra i detenuti stranieri. Quasi inesistente l’associazione di stampo mafioso tra i detenuti stranieri, mentre i reati contro la pubblica amministrazione vedono tra gli stranieri addirittura 5,8 punti percentuali di scarto tra donne e uomini, sui quali pesano senz’altro la resistenza e l’oltraggio a pubblico ufficiale. Si differenziano anche le percentuali relative alla legge sulla droga (6 punti percentuali in più per gli uomini) e alla prostituzione (5 punti percentuali in più per le donne, segno evidente di una doppia vittimizzazione delle donne straniere, spesso vittime di tratta, che esercitano la prostituzione).
Età, stato civile, figli
Infine, uno sguardo alle fasce di età ci mostra come la popolazione detenuta femminile sia tendenzialmente più anziana di quella maschile e come l’intera popolazione detenuta sia andata invecchiando nel corso degli ultimi quindici anni.
Alla fine del 2021, ultimo dato disponibile, le donne sopra i 60 anni di età erano 219, di cui 31 sopra i 70. Le giovani adulte (dai 18 ai 24 anni) erano 78, di cui solo 9 sotto i 20 anni di età. Il decennio più rappresentato era quello tra i 50 e i 59, con 486 detenute (il 21,7% del totale).
Un quarto abbondante delle donne presenti, ovvero 640, era costituito da donne nubili, mentre un altro quarto abbondante, ovvero 610, era costituito da donne sposate. Le donne che si dichiaravano conviventi erano 322, mentre le divorziate e le separate legalmente erano rispettivamente 145 e 157. Le vedove erano 132, mentre per 231 donne l’informazione non era stata rilevata.
Delle 2.237 donne presenti in carcere alla fine del 2021 (data dell’ultima rilevazione disponibile), 1.426 – pari al 63,7% – erano madri. Se guardiamo al totale della popolazione detenuta alla medesima data, la percentuale era assai inferiore: il 46% delle 54.134 persone presenti in carcere aveva infatti uno o più figli. Delle 1.426 detenute madri, 372 avevano un unico figlio, 379 ne avevano due, 303 ne avevano tre, 187 quattro, 70 cinque, 52 avevano sei figli mentre 63 ne avevano più di sei. Complessivamente possiamo dire che c’erano al 31 dicembre 2021 oltre (non conosciamo il dato esatto maggiore a sei) 3.890 figli che avevano la propria madre in un carcere italiano.