Il primo Rapporto di Antigone sulle carceri italiane risale all’anno 2000. Lo titolammo Il carcere trasparente. In quel titolo era racchiuso l’obiettivo che ci prefiggevamo con l’Osservatorio sulle condizioni di detenzione in Italia, nato nella forma attuale due anni prima: contribuire a rendere il carcere meno opaco, moltiplicando gli sguardi esterni e aprendo le carceri a un controllo sociale diffuso. Ogni istituzione ha bisogno di aprirsi alle altrui forme di osservazione al fine di evitare l’autoreferenzialità. Mai finiremo di ricordare e di ringraziare il grande magistrato Alessandro Margara, che con la semplicità dell’ovvio ci fece avere le prime autorizzazioni ministeriali per visitare gli istituti di pena. Sono trascorsi ventitré anni da allora, lungo i quali abbiamo attraversato periodi molto diversi tra loro. Si sono avvicendati tanti dirigenti e tanti ministri. È fortunatamente nato un organismo nazionale di garanzia e monitoraggio dei luoghi di privazione della libertà, la cui istituzione Antigone auspicava dal lontano 1997. Non è venuta mai meno l’esigenza di contribuire con la nostra attività alla conoscenza e alla riforma del carcere nel segno delle previsioni costituzionali. Abbiamo cercato di offrire un racconto rigoroso e puntuale, esito di un’altrettanto rigorosa e mai urlata osservazione empirica. Potremmo definirci come militanti della Costituzione, memori delle bellissime parole di Piero Calamadrei: “La Costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé. La Costituzione è un pezzo di carta, la lascio cadere e non si muove: perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile; bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità. Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì o giovani, col pensiero, perché li è nata la nostra Costituzione”. Noi andiamo nelle carceri, poiché sappiamo che lì è nata la nostra Costituzione. E sappiamo anche che lì potrebbe nascere la tentazione di violarla. L’amministrazione penitenziaria, salvo brevi parentesi, in questi ventitré anni è stata sempre disponibile e aperta, consentendoci di svolgere al meglio la nostra funzione di osservatori civili. E di questo le siamo grati, così come siamo grati al personale penitenziario che, qualsiasi fosse la funzione ricoperta, ha quasi sempre collaborato con passione e lealtà istituzionale alla nostra attività. Anche quest’anno abbiamo avuto le autorizzazioni per svolgere il nostro ruolo di monitoraggio degli istituti di pena per adulti e per minori. Lo svolgeremo con la massima cautela, vista la situazione sanitaria del Paese. Qualche anno fa chiedemmo e ottenemmo il permesso di entrare in alcune carceri portando con noi una videocamera. Non abbiamo mai abusato di questa opportunità, che piuttosto abbiamo usato per raccontare in modo ancor più realistico le condizioni materiali di vita interne. Non ci pare esistano motivi per negare all’opinione pubblica una forma di conoscenza per immagini, tanto più nell’epoca dell’informazione multimediale. Il far vedere è complementare al raccontare, si aiutano a vicenda nel raggiungimento della trasparenza. Sempre nel rispetto della privacy di detenuti e staff e della sicurezza interna, la documentazione video prodotta in questi anni da Antigone ha contribuito al raggiungimento del duplice obiettivo dell’informare in modo compiuto e del prevenire possibili divari profondi tra regole e prassi. Il racconto per immagini è stato e potrà essere anche una forma di gratificazione per quelle esperienze trattamentali meritevoli di essere conosciute. Abbiamo già iniziato il nostro consueto lavoro di visita per il 2021. Non ci sono ancora state rinnovate le autorizzazioni a entrare in carcere con le videocamere. Insisteremo per continuare ad avere la possibilità che i nostri occhi sui luoghi della pena si trasformino negli occhi di tutti.