Al 31 dicembre 2020 negli istituti penitenziari italiani erano presenti 53.364 detenuti dei quali 17.344 con nazionalità diversa dall’italiana. Il 32,5% dei detenuti era quindi a quella data di origine straniera. Una percentuale questa che nel corso degli ultimi 12 mesi si è mantenuta pressoché costante con un picco massimo del 33,1% al 30 aprile e uno minimo al 32,3% al 31 ottobre.
La presenza di detenuti stranieri negli istituti italiani non è tuttavia uniforme sia a livello regionale che di singoli istituti di pena. In alcuni istituti infatti, a prescindere dalla loro grandezza, vi è una elevatissima presenza in termini assoluti o percentuali, mentre accade che in altre carceri la presenza di detenuti si riduca a poche unità.
Facciamo qualche esempio. Al 31 dicembre 2020 le cinque regioni meridionali Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia più l’Abruzzo ospitavano una percentuale di stranieri inferiore al 20%. Percentuale che si è confermata in larga parte dell’anno trascorso. Discorso analogo per le regioni che hanno visto una percentuale più alta, sempre ben oltre il 50%, di presenza di detenuti stranieri. Si fa riferimento in questo caso alle regioni Liguria, Veneto, Valle d’Aosta e Trentino Alto Adige con la Toscana sempre al limite tra il 49 e il 50%.
Mentre in termini assoluti al 31 gennaio 2021 le regioni con più presenza di detenuti stranieri sono la Lombardia (3431), il Lazio (2152), il Piemonte (1645), la Toscana (1570) e l’Emilia Romagna (1521). Quelle con la minore presenza in via crescente la Basilicata (42), Valle d’Aosta (101), Molise (105), Abruzzo (206) e Friuli Venezia Giulia (249).
Vi sono poi alcuni istituti con una presenza percentuale di detenuti stranieri elevatissima; è questo il caso delle due case di reclusione sarde di Arbus Is Arenas e Onanì rispettivamente con il 78,5% e il 78,2% (dato aggiornato al 31/01/2021). Da contraltare fanno invece le case di reclusione di Altamura in Puglia (0%), Fossombrone nelle Marche (1,1%), e di Vallo della Lucania in Campania (2,5%). Tra gli istituti più grandi risaltano le presenze medie percentuali della casa circondariale di Napoli Secondigliano (6,6%) e di Firenze Sollicciano (71%).
Per quanto riguarda invece i picchi di presenza di detenuti stranieri in termini assoluti, ai primi posti troviamo istituti nelle grandi città con le case circondariali di Torino, Milano San Vittore, Roma Rebibbia Nuovo Complesso, Roma Regina Coeli e Firenze Sollicciano e nella casa di reclusione di Milano Bollate.
Se si va a dare uno sguardo alla dotazione organica prevista nel decreto del ministro della giustizia del 29 settembre 2017 e tuttora vigente, relativa alla presenza di funzionari per la mediazione culturale nelle carceri del territorio, si può vedere come a fronte di una disomogenea distribuzione dei detenuti stranieri non sia altrettanto disomogenea la distribuzione di queste figure professionali.
Infatti sono assegnati con grande omogeneità su scala nazionale, sei per ogni provveditorato per un totale di 67 funzionari (uno destinato all’amministrazione centrale).
L’esito di questa distribuzione è di conseguenza profondamente diseguale. In una regione come la Lombardia una distribuzione simile significherebbe disporre di un mediatore ogni 566 detenuti stranieri. In Calabria questo rapporto sarebbe di un mediatore ogni 76 detenuti stranieri. Nei fatti in ogni caso la situazione è molto diversa. Non tutti i mediatori previsti dalla pianta organica sono presenti.
D’altro canto dalle visite dell’Associazione Antigone nel 2020 è risultato che nel 30% dei 44 istituti visitati si disponeva della presenza stabile di un mediatore, per un totale di 13 mediatori. Non si tratta però solo di mediatori culturali alle dipendenze dirette dell’amministrazione penitenziaria. Molto frequente infatti la possibilità che la presenza dei mediatori culturali negli istituti di pena sia resa possibile dall’intervento delle Regioni con finanziamenti ad hoc, o – ancora – dall’attività di volontariato di alcune associazioni.
Caratteristiche della popolazione detenuta straniera
Le dieci nazionalità più rappresentative tra i detenuti non italiani nelle carceri del nostro Paese sono quella marocchina, albanese, rumena, tunisina, nigeriana, gambiana, egiziana, algerina, senegalese e pakistana. Tra le donne molto diffusa la provenienza dall’America Latina e dai Balcani.
Al 31 dicembre 2020 il continente più rappresentato tra la popolazione detenuta straniera in Italia era l’Africa, con 9.261 ristretti la maggior parte dei quali proveniente dal Nord Africa: Marocco (3.308) e Tunisia (1.775), mentre la Nigeria con i suoi 1.451 detenuti rimane l’unico stato dell’Africa Subsahariana a rilevare presenti negli istituti penitenziari d’Italia.
Dall’area UE provengono 2.691 detenuti alla stessa data, mentre l’Albania con 1.956 detenuti è lo stato balcanico extra UE con il più alto numero di detenuti in Italia.
I detenuti stranieri sono tendenzialmente più giovani di quelli italiani. Con le fasce di età più rappresentate che vanno dai 25 ai 44 anni. Quasi il 10% dei detenuti stranieri ha tra i 21 e i 24 anni, mentre solo il 3,6% degli italiani reclusi appartiene a questa fascia d’età. Gli italiani hanno prevalentemente tra i 35 e i 59 anni.
Al 31 gennaio 2021 su un totale di 17.291 detenuti stranieri presenti, il 18,1% degli stranieri si trovava in carcere in attesa di primo giudizio. A parità di condizione i detenuti italiani in attesa di primo giudizio rappresentano il 15,4% dei reclusi con la stessa nazionalità. Il 16,1% degli stranieri si trova in carcere con una condanna non ancora definitiva, gli italiani nella stessa condizione sono il 14,7%. I condannati definitivi sono il 69,1% degli italiani e il 65,3% degli stranieri.
Al 31 dicembre 2020 i reati per cui principalmente i detenuti stranieri si trovavano reclusi sono: i reati contro il patrimonio, i reati contro la persona, la violazione delle norme sugli stupefacenti. Mentre assolutamente bassissima è la quantità di reclusioni per associazione di stampo mafioso (250 detenuti stranieri si trovavano ristretti per questa ragione a fronte di oltre 7024 detenuti italiani), e per violazione delle leggi sulle armi (769 gli stranieri e 8628 gli italiani). Questo è un dato importante che può dire molto in un’ottica di contro narrazione relativa alla pericolosità sociale della popolazione non italiana.
Per quanto riguarda le pene inflitte, al 31 dicembre 2020 i detenuti stranieri che sono ristretti per scontare da 1 mese a 1 anno rappresentano il 45,9% sul totale dei detenuti con la stessa pena. Mentre il 30,3% dei detenuti che scontano tra 5 e 10 anni sono di nazionalità diversa dall’italiana, il 12,4% dei detenuti che scontano oltre 20 anni sono stranieri e solo il 6,3% degli ergastolani ha una nazionalità diversa dall’italiana.