Da una ricerca sui diritti delle persone fermate o arrestate effettuata da Antigone nel 2018 era emerso con chiarezza come molti degli intervistati, arrestati nelle ore o nei giorni precedenti, non avessero piena consapevolezza dei propri diritti.
Da una ricerca sui diritti delle persone fermate o arrestate effettuata da Antigone nel 2018 era emerso con chiarezza come molti degli intervistati, arrestati nelle ore o nei giorni precedenti, non avessero piena consapevolezza dei propri diritti. Se più o meno tutti sapevano di avere diritto all’assistenza legale di un avvocato, erano molti di meno quelli consapevoli di poter comunicare con una persona terza rispetto alla propria situazione. Così come erano di meno ad avere contezza del diritto ad avere un interprete, nel caso in cui non padroneggiassero a sufficienza la lingua italiana. Per ragioni facilmente intuibili, la mancanza di consapevolezza era più diffusa tra gli intervistati stranieri, i quali talvolta neanche dopo la condanna e il conseguente ingresso in carcere sapevano il perché della propria detenzione. A più riprese ci siamo imbattuti in persone che rinvenivano nella mancanza di un titolo di soggiorno valido la ragione della propria detenzione, quando invece erano stati condannati per reati d’altro tipo (tra cui era frequente quello di resistenza a pubblico ufficiale, un reato che in Italia viene contestato con una certa facilità).
Questi esempi mostrano quanto una maggiore garanzia del diritto all’informazione – senza la quale non può esservi una partecipazione consapevole al procedimento penale – sia oggi importante. Si tratta di un problema e di una necessità diffuse in tutto il continente europeo, tanto che nel 2012 la Commissione europea ha emanato una direttiva (la Direttiva 2012/13/EU, sul diritto all’informazione nei procedimenti penali) con cui ha imposto ai Paesi membri l’obbligo di informare per iscritto e in maniera chiara e precisa coloro che vengono privati della libertà circa i propri diritti. La direttiva prevede l’obbligo per le forze dell’ordine di consegnare a coloro che hanno in custodia una “Lettera dei diritti” nella quale questi ultimi siano elencati (il diritto ad avere un avvocato, a non rispondere alle domande, ad avere un interprete, a contattare terzi, etc.). La direttiva è stata recepita dall’Italia l’1 luglio 2014, con il Decreto Legislativo n. 101. L’11 agosto, due mesi dopo, il Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno ha elaborato un modello di “lettera dei diritti” che ha inoltrato a commissariati e stazioni di polizia. Un indubbio passo avanti nella tutela e garanzia dei diritti delle persone private della libertà.
Tuttavia, la ricerca citata all’inizio di questo articolo ha mostrato come in molti casi (4 su 10) la lettera non venisse effettivamente consegnata. È dunque necessario implementare ulteriormente tale pratica. Ma è emersa anche un’ulteriore criticità, che riguarda la struttura, il linguaggio e il contenuto del modello in sé. La “Lettera” attualmente in uso è redatta in una forma ben più schematica e concisa di quella di molti altri Paesi dell’Unione Europea. L’attuale modello è, per dirla bruscamente, una sorta di copia-incolla di una serie di articoli del codice di procedura penale. Di conseguenza appaiono necessari degli sforzi in più, se si vuole perseguire l’obiettivo prefisso dalla direttiva di un linguaggio accessibile e di una maggiore ampiezza delle informazioni fornite (in particolare rispetto alle modalità con cui far valere i diritti enunciati).
Nei mesi scorsi Antigone si è confrontata con esponenti delle forze di polizia, magistrati, esperti penitenziari, linguisti ed esperti di diritto di altri Paesi europei per elaborare una proposta in grado di migliorare l’attuale modello di lettera dei diritti.
Per una nuova lettera dei diritti
Nel momento che segue l’arresto spesso non si è nel pieno delle proprie facoltà, a causa dell’evento traumatico appena subito. Una volta in carcere, in genere (per coloro che finiscono effettivamente in carcere) si tende a normalizzare la propria situazione. Ma non nella prima fase, in cui peraltro, come sottolineato da vari organismi internazionali impegnati nella tutela dei diritti umani, è più alto il rischio di violazione dei diritti, e dunque più importante promuovere le adeguate garanzie. A questo quadro va aggiunto un ulteriore elemento: nella maggior parte dei casi le persone arrestate hanno un grado di istruzione basso (nelle carceri solo circa 1 persona detenuta su 10 ha conseguito un diploma), e spesso sono straniere (1 persona detenuta su 3). Ne consegue che è ancor più necessario prestare attenzione al linguaggio con cui vengono veicolate informazioni importanti come quelle sui propri diritti. Alla mancata comprensione di questi ultimi, in effetti, corrisponde spesso una loro riduzione. Ecco perché il ricorso a un linguaggio oscuro e carico di tecnicismi, oggi diffuso, costituisce un problema.
Sulla base di queste constatazioni, nei mesi scorsi Antigone si è confrontata con esponenti delle forze di polizia, magistrati, esperti penitenziari, linguisti ed esperti di diritto di altri Paesi europei per elaborare una proposta in grado di migliorare l’attuale modello di lettera dei diritti. Parallelamente esperti e organizzazioni presenti in altri Paesi europei facevano lo stesso, nell’ambito di un’azione collegiale e coordinata, resa possibile dal progetto “Demystifying Justice: Training for justice actors on the use of plain language and developing clear and accessible Letters of Rights”, finanziato dalla Commissione europea e a cui hanno partecipato l’Hungarian Helsinki Committee (per l’Ungheria), Fair Trails Europe (che ha sede a Bruxelles) e Apador (per la Romania). Da tale confronto e da un successivo lavoro è emerso un nuovo modello di “lettera dei diritti”. Un modello più ricco di informazioni: non solo sui diritti in sé ma anche sulle modalità con cui farli valere. Un modello per cui si è fatto ricorso a un linguaggio più chiaro e preciso, che ha tenuto conto del profilo di coloro a cui si rivolge. Si è optato per una grafica essenziale, che permettesse una stampa agevole in qualsiasi commissariato o stazione di polizia presente nel Paese.
Il modello da noi elaborato e riportato qui di seguito è stato sottoposto all’attenzione dei vertici della Polizia di Stato e dell’Arma dei Carabinieri, con cui è stata avviata un’interlocuzione che speriamo possa portare al miglioramento del modello in uso, e dunque a una più piena affermazione dei diritti di tutti.
LETTERA DEI DIRITTI
Sei stato arrestato perché sei sospettato o accusato di un reato. Adesso la tua libertà è limitata. È importante che tu sappia quali sono i tuoi diritti: in questa lettera li trovi elencati. Se non capisci bene l’italiano hai diritto a ricevere questa lettera in una lingua che capisci bene. Se non è disponibile nella tua lingua, puoi chiedere che ti venga tradotta a voce.
Ricevere questa lettera al più presto e tenerla con te è un tuo diritto.
Le forze di polizia scriveranno un verbale con le informazioni sul tuo arresto. Devono scrivere anche se hai ricevuto la lettera o se in alternativa ti è stata letta in una lingua che capisci.
L’ARRESTO
Nessuno ha il diritto di essere violento con te, né fisicamente né moralmente. Nessuno può torturarti né maltrattarti.
Se succede parlane col tuo avvocato e denuncia il fatto, sia agli agenti di polizia che al giudice da cui verrai portato presto.
Questo è un elenco dei diritti che hai mentre sei in arresto. Hai diritto a:
- non rispondere alle domande che ti vengono fatte. Sei obbligato solo a fornire le tue generalità (nome, cognome, etc.);
- sapere perché sei in arresto e quali sono le prove contro di te;
- essere aiutato da un avvocato, che dev’essere informato al più presto del tuo arresto. Se sei straniero hai il diritto di incontrare dei funzionari del tuo Consolato che possono aiutarti a trovare un avvocato;
- essere visitato da un medico, se pensi che sia urgente e importante per la tua salute. Non dovrai pagare niente;
- essere aiutato da interprete che parli la tua lingua o una lingua che conosci. Lui tradurrà gratuitamente quello che vuoi e devi sapere. Se hai problemi particolari (ad esempio alla vista o all’udito) puoi chiedere di essere aiutato. Anche in questo caso non dovrai pagare niente;
- informare un tuo parente o un’altra persona a te vicina del tuo arresto. È un tuo diritto, non un tuo dovere. Puoi anche non farlo, se non vuoi;
- informare le autorità del tuo Paese (come il Consolato) che sei stato arrestato e di ogni altra decisione che ti riguarderà.
Hai anche il diritto di:
- avere un documento in cui sono descritti gli oggetti personali che ti hanno preso
quando sei stato arrestato. Quando tornerai libero questi oggetti ti verranno restituiti (tranne quelli che servono per le indagini);
- curare la tua igiene personale (lavarti, andare in bagno quando nei hai bisogno); • mangiare e bere a colazione, a pranzo e a cena, oppure se sono passate almeno sei ore da quando sei stato arrestato;
- essere trattenuto in una stanza pulita, con un letto, delle coperte e delle lenzuola. Nella stanza non possono esserci persone di sesso diverso dal tuo;
- tenere con te i tuoi figli se hanno meno di 3 anni e se sei la loro mamma.
La polizia, entro 48 ore dal tuo arresto, deve metterti a disposizione del Pubblico Ministero (PM), il Magistrato che sostiene l’accusa contro di te. Questo vuol dire che può venire a interrogarti. Ma non è obbligato a farlo. Potrai incontrarlo direttamente in tribunale, assieme al Giudice. O puoi non incontrarlo, e incontrare solo il Giudice.
Entro 96 ore dal momento in cui sei stato arrestato è un tuo diritto incontrare un giudice. Il giudice deciderà se l’arresto è avvenuto nel rispetto della legge oppure no. Se decide che l’arresto non è avvenuto legalmente ti libererà subito.
Al giudice puoi raccontare il tuo punto di vista su tutto quello che è successo. Lui dovrà ascoltarti prima di prendere una decisione.
Il tuo avvocato
Hai diritto ad avere un avvocato. Puoi sceglierlo tu o può sceglierlo un tuo parente. Non puoi difenderti da solo. Se non ne nomini uno tu lo Stato lo farà al posto tuo. In questo caso avrai un avvocato d’ufficio.
Hai il diritto di incontrare il tuo avvocato il più presto possibile.
Chi paga? L’avvocato devi pagarlo tu. Se non puoi hai il diritto di chiedere allo Stato di pagarlo per te. In questo caso avrai il “gratuito patrocinio”. Non tutti possono chiederlo. Per farlo il tuo reddito deve essere inferiore a 11.493,82 euro. Se hai una famiglia o se convivi con qualcuno questa cifra cambia. Per ogni familiare o convivente devi aggiungere 1032,91 euro. La domanda puoi farla da solo o può farla il tuo avvocato.
L’INTERROGATORIO
Puoi essere interrogato dal PM, dal giudice o da tutti e due.
Durante l’interrogatorio:
- devi dire la verità sulle tue generalità (nome, cognome, luogo e data di nascita, nazionalità);
- hai il diritto di non rispondere a tutte le altre domande, o di rispondere solo in parte;
- le tue dichiarazioni possono essere usate contro di te;
- il tuo avvocato deve essere sempre presente;
- nessuno può metterti manette o strumenti simili che limitano la tua libertà;
• hai il diritto di essere trattato bene. Devi poter andare in bagno quando vuoi. Se l’interrogatorio dura per ore devi poter bere e mangiare quando ne hai bisogno.