Rispetto all’attività di osservazione e monitoraggio svolta dalla nostra Associazione, il tema dell’offerta di lavoro e della formazione professionale occupa una parte importante e consente di comprendere se e in che misura vi siano iniziative che possano considerarsi positive nell’ottica del rispetto della legislazione di settore e della rispondenza dell’offerta concreta rispetto agli investimenti in materia.
Per ciò che concerne i dati raccolti dal nostro osservatorio, su 97 istituti visitati nel 2022 abbiamo riscontrato che la media dei detenuti che lavorano è pari al 29,2% delle persone detenute. La percentuale di lavoratori che risultano alle dipendenze di datori di lavoro esterni si attesta al 4%. Per ciò che concerne i detenuti coinvolti in progetti di formazione professionale, la percentuale è pari al 6,8%. Su 97 istituti visitati soltanto 4 presentano una percentuale di lavoratori detenuti che supera il 50% e si tratta comunque di realtà di ristrette dimensioni, ove invece gli istituti di mole superiore faticano a tenere il passo.
Si nota come sovente gli istituti di maggiori dimensioni non riescano a garantire sufficiente offerta di lavoro alle persone detenute
Guardando nel particolare ad alcuni istituti che possono essere assunti come esempi rispetto all’analisi complessiva del dato, si nota come sovente gli istituti di maggiori dimensioni non riescano a garantire sufficiente offerta di lavoro alle persone detenute. Si pensi alla Casa circondariale di Roma Rebibbia N.C. “Raffaele Cinotti” che a fronte della presenza di 1.370 persone detenute, al momento della visita, contava soltanto il 14,6% di detenuti coinvolti in attività lavorativa alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria e il 3% presso datori di lavoro esterni. Come dato positivo ci è stato comunicato che era previsto un programma di diffusione a datori di lavoro esterni degli sgravi fiscali riconosciuti dalla c.d. Legge Smuraglia per incentivarne la partecipazione e incrementare le opportunità lavorative. Le persone coinvolte in lavori di pubblica utilità erano 25 che costituiva il numero più elevato registrato sui 97 istituti visitati.
Ancora, la Casa circondariale “Carmelo Magli” di Taranto a fronte di 705 persone detenute, con uno dei tassi di sovraffollamento più elevati sul territorio, presentava un tasso di persone detenute occupate pari al 16,2% presso l’amministrazione penitenziaria e lo 0,1% (1 persona soltanto) alle dipendenze di soggetti esterni, mentre non vi erano persone coinvolte in attività di formazione professionale, seppur al momento della visita si era appena concluso per 15 detenuti un progetto per alimentarista con rilascio di attestato ed erano in procinto di partire un progetto formativo rivolto a sei corsisti che rilascerà una borsa lavoro e, altresì, un laboratorio finanziato dalla Regione volto all’assunzione di un detenuto da parte di un’impresa esterna. Al momento della visita non vi erano soggetti coinvolti in lavori di pubblica utilità.
Ulteriori due esempi che registrano livelli di occupazione in linea con quanto rilevato riguardano: la C.R. di Oristano ove, a fronte di 261 persone detenute al momento della visita, risultava occupata una percentuale pari al 21,1% presso l’amministrazione penitenziaria e pari all’1,5% presso datori di lavoro esterni, con la volontà di implementare il coinvolgimento dei detenuti in attività di formazione professionale (laboratorio di pasticceria, rifacimento dell’impianto elettrico); e la C.C. di Crotone ove, a fronte di una presenza di 127 detenuti al momento della visita, la percentuale di persone detenute occupate alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria si attestava al 19,7%, mentre non vi erano persone impiegate presso datori di lavoro esterni né coinvolti in attività di formazione professionale.
Focalizzandoci nello specifico sul lavoro alle dipendenze di soggetti esterni, la percentuale più elevata si è registrata presso la C.C. di Belluno, che si attestava al 52,3% (45 detenuti impiegati su un totale di 86 persone detenute al momento della visita). Ciononostante, non erano attivi corsi di formazione professionale e le cooperative esterne, pur garantendo guadagni immediati, non offrivano possibilità di sbocco professionale ed esaurivano il proprio ruolo nel mero guadagno immediato.
In linea generale le percentuali di detenuti lavoranti per datori di lavoro esterni restano piuttosto basse: su 97 istituti visitati solo Belluno supera il 50%, mentre solo 8 istituti superano il 10%. Gli istituti più virtuosi sono istituti di piccole dimensioni collocati prevalentemente nelle zone del Nord-Italia o del Centro-Nord. Tra gli istituti di maggiori dimensioni, ad esempio, si può citare la Casa circondariale di Palermo “Pagliarelli” ove non vi sono detenuti coinvolti in attività lavorative all’esterno, con sole 32 persone impegnate in attività di formazione professionale mentre le attività inerenti il lavoro di pubblica utilità sono sospese. Anche presso L’Aquila non vi sono detenuti coinvolti in lavoro all’esterno così come corsi di formazione professionale, essendo pressoché assenti rapporti con il territorio.
Tra gli interventi di livello ministeriale occorre rilevare che il 24 giugno 2022 è stato siglato dall’allora Ministro della Giustizia Cartabia e dall’allora Ministro per l’Innovazione tecnologica e la transazione digitale Colao un Memorandum d’Intesa avente ad oggetto il programma “Lavoro Carcerario” con nove imprese operanti nei settori delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione e delle telecomunicazioni. L’obiettivo del progetto consiste, in una prima fase, nel formare i detenuti al fine di fornire una specializzazione nel settore e, in una seconda fase, nell’impiegarli in un’attività di rigenerazione degli apparati di rete e di realizzazione delle reti di accesso alle telecomunicazioni.
Il lavoro di pubblica utilità
Il lavoro di pubblica utilità
In primo luogo occorre rilevare che il lavoro di pubblica utilità costituisce un’attività che i detenuti possono intraprendere a titolo volontario, ai sensi dell’art. 20-ter O.P., nell’ambito di progetti da svolgersi in favore dei soggetti indicati dal comma 2 della medesima norma sulla base di apposite convenzioni che vengono siglate ai sensi dell’art. 47, c. 1, D.P.R. 230/2000 e che riveste carattere sostanzialmente gratuito, salvo che sia prevista la possibilità di corrispondere un rimborso spese, che resta minimo e che viene erogato dalla Cassa delle Ammende ovvero dall’Ente che gestisce il progetto.
Passando ai dati raccolti nel corso delle nostre visite, l’istituto di Rebibbia N.C. presenta il numero più elevato di soggetti coinvolti – pari a 25 – e ciò poiché sussiste un protocollo di intesa stilato con il Comune di Roma e diretto al recupero del patrimonio ambientale del territorio di Roma Capitale. Nel resto degli istituti visitati le attività sono notevolmente ridotte. A Lecce, a fronte di 1.120 detenuti, soltanto 2 sono coinvolti in lavori di pubblica utilità che si svolgono esclusivamente all’esterno, nel caso di specie per la Procura della Repubblica di Lecce e per l’istituto professionale Olivetti. Presso la Casa di reclusione di Padova “Due Palazzi”, una persona è coinvolta in lavori di pubblica utilità: l’attività consiste nella manutenzione stradale per conto del Comune di Padova e, nota positiva, l’attività è retribuita, seppur il livello del compenso si mantiene basso (circa 250 € al mese).
Sotto tale profilo si ritiene utile segnalare la convenzione nazionale firmata tra il ministero della Giustizia e la Fondazione Opera Don Calabria-Don Luigi Pedrollo ETS il cui fine è quello di implementare lo svolgimento di lavori di pubblica utilità ai fini della messa alla prova per adulti. L’iniziativa è stata siglata dal Ministro della Giustizia Nordio e dal direttore della fondazione Padovani e punta ad offrire programmi e progetti rieducativi e di risocializzazione. I posti messi a disposizione sono 58 disposti su 28 sedi dislocate a Mantova, Palermo, Roma e Verona e consisteranno in attività di assistenza in favore di soggetti fragili ed emarginati, persone anziane, disabili e minori. Si tratterà di prestazioni non retribuite che potranno consistere anche in attività di manutenzione e fruizione di immobili e servizi pubblici tra cui ospedali e case di cura, beni demaniali o, in generale, appartenenti al patrimonio pubblico.
Dati ufficiali tratti dal Ministero della Giustizia
Dati ufficiali tratti dal Ministero della Giustizia
Volgendo ora lo sguardo ai dati ufficiali forniti dal Ministero della Giustizia, al 31.12.2022 su un totale di 56.196 persone detenute, ne risultavano alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria 17.209 – pari al 30,6% sul totale e all’86,8% del totale dei detenuti lavoranti – e 2.608 detenuti alle dipendenze di datori di lavoro esterni – pari al 4,6% del totale e al 13,1% del totale dei detenuti lavoranti – per un totale di detenuti lavoranti pari a 19.817 (35,2%). Questo dato ci è utile se confrontato con il medesimo dato raccolto lo scorso anno da cui risulta che i dati si attestano, apparentemente, in salita: la popolazione detenuta aumenta (+2.062) e aumentano anche i soggetti posti alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria (+279) e alle dipendenze di soggetti esterni (+303), con un incremento maggiore in relazione ai soggetti posti alle dipendenze di datori di lavoro esterni che registrano anche uno scarto percentuale positivo (+1,1%). Di contro, sul dato complessivo, il dato percentuale dei detenuti alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria fa registrare uno scarto percentuale negativo (-1,1%) e il dato totale dei detenuti lavoranti, seppur è passato da 19.235 a 19.817 unità (+582) fa registrare uno scarto percentuale negativo (-0,3%). La lettura di questi dati lascia intendere come vi sia una evidente difficoltà della realtà penitenziaria ad offrire una concreta offerta lavorativa tale da adeguarsi alle esigenze della popolazione detenuta.
Ponendo uno sguardo alle previsioni di bilancio relative ai fondi destinati alle mercedi ai detenuti lavoranti, con un confronto rispetto ai dati raccolti negli anni precedenti, notiamo un progressivo incremento dei fondi investiti poiché se nel 2020 le previsioni di spesa per il triennio 2021-2023 erano pari ad € 118.016.095, nelle previsioni 2022-2024 si attestano intorno ad € 121.016.095 e nelle previsioni 2023-2025 arrivano ad € 123.016.095. Per ciò che concerne, invece, gli sgravi fiscali e le agevolazioni in favore delle imprese che assumono detenuti o internati negli istituti penitenziari previsti dalla c.d. Legge Smuraglia, la Legge di bilancio n. 197 del 2022 ha previsto un’integrazione dei fondi spese pari a 6 milioni con conseguente passaggio dai precedenti € 15.148.112,00 agli attuali € 21.148.112,00.
In particolare, il comma 308 della finanziaria ha previsto misure per favorire l’attività lavorativa dei detenuti attraverso l’incremento dei fondi con ulteriori 6 milioni di euro, a decorrere dall’anno 2023, dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 6, comma 1, della legge 22 giugno 2000, n. 193 (c.d. legge Smuraglia); ai commi 856-857 si prevede l’istituzione di un fondo con una dotazione di 4 milioni di euro per l’anno 2023 e di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024 e 2025, destinato al finanziamento di progetti volti: al recupero e al reinserimento dei detenuti e dei condannati; all’assistenza ai detenuti, agli internati e alle persone sottoposte a misure alternative alla detenzione; alla cura e all’assistenza sanitaria e psichiatrica, in collaborazione con le regioni; al recupero dei soggetti tossicodipendenti; all’integrazione degli stranieri sottoposti ad esecuzione penale.
Per ciò che concerne i consuntivi di spesa, i dati più recenti risalgono al 2021 e dagli stessi si evince una spesa in mercedi per detenuti lavoranti pari ad € 124.439.215,99 mentre la spesa effettiva relativa ai contributi legati alla c.d. legge Smuraglia è stata di € 8.627.413,87, seppur non risultano residui di fine esercizio a fronte del preventivo spesa di € 15.148.112,00. Si nota come la prima sia in lieve aumento rispetto alle spese di consuntivo rilevate nei precedenti rapporti mentre la seconda sembra registrare un dato in lieve diminuzione rispetto alle ultime due annualità.
Sempre con riferimento alle agevolazioni previste dalla legge Smuraglia, stando ai dati ufficiali forniti dalla Relazione del Ministero della Giustizia all’inaugurazione dell’anno giudiziario 2023, nel corso del 2022 sono state presentate 367 istanze da parte di imprese e cooperative volte ad usufruire delle richiamate agevolazioni per un importo complessivo pari ad € 9.199.483,50, quale somma massima concedibile. In tal senso, occorre tenere presente che una parte dei fondi spesa rientranti nella voce di bilancio è credito destinato agli sgravi fiscali e contributivi gestiti dall’INPS, che segue una procedura interna tale per cui procede a riconoscere gli sgravi contributivi in base all’ordine cronologico secondo cui sono pervenute le istanze medesime fino al massimo delle risorse disponibili. Per il 2022 il credito disponibile era pari ad € 5.948.628,50. Tale somma è quantificata con decreto ministeriale e rientra nel fondo spese complessivo indicato nel bilancio previsionale di spesa sotto la voce “sgravi fiscali e agevolazioni alle imprese”.
Corsi di formazione professionale.
Corsi di formazione professionale.
Un ultimo sguardo va rivolto alle opportunità di accesso ai corsi di formazione offerti dalla realtà penitenziaria italiana. Al 31.12.2022 erano attivi 212 corsi e risultavano iscritti 2.222 detenuti (4% sul totale). I corsi terminati erano 168, i detenuti iscritti a questi corsi 1.792 e di questi promossi 1.499 (83,7%).
Tra le tipologie di corsi terminati, quelli in numero prevalente e con una maggiore presenza di iscritti continuano a collocarsi nell’ambito della cucina e della ristorazione, con 43 corsi terminati, 418 iscritti e 339 promossi; seguono i corsi di giardinaggio e agricoltura, con 33 corsi terminati 349 iscritti e 262 promossi, e i corsi di edilizia, con 17 corsi terminati, 48 iscritti e 37 promossi.
Quanto alla distribuzione regionale, abbiamo che la Regione che ha condotto al risultato migliore in termini di corsi portati a termine è la Lombardia (31), seguita dal Veneto (23). Risultati positivi sono stati conseguiti anche in Emilia Romagna e Piemonte (entrambe 19), Campania e Sicilia (entrambe 14) e Calabria (12). Vi sono state tuttavia regioni in cui non è stato portato a termine alcun corso, vale a dire Abruzzo, Basilicata, Molise e Valle D’Aosta, mentre altre hanno registrato risultati molto bassi, vale a dire Toscana (4) e Puglia (1).
In relazione ai corsi professionali, come negli anni passati non si hanno dati relativi agli stanziamenti di spesa. Ciò che è emerso come dato rilevante, tuttavia, è un programma di stanziamento fondi a livello nazionale per l’avvio di 17 progetti di formazione professionale certificata e di avvio di tirocini lavorativi che coinvolgeranno 316 detenuti sul territorio con un piano di investimento pari a circa 800mila euro. Il piano è stato deliberato dal Consiglio di amministrazione di Cassa delle Ammende nell’ambito di un Piano per la formazione professionale certificata e per l’ampliamento delle opportunità di lavoro professionalizzante di concerto con il Dipartimento per l’Amministrazione Penitenziaria. Tali corsi avranno ad oggetto principalmente le seguenti attività: sarto, elettricista, operatori di impianti termoidraulici, cuoco, operatore di accoglienza museale, operatore edile, pizzaiolo, operatore di pianificazione e produzione di pasta, operatore di pulizie industriali e di grandi ambienti, ceramista, pasticciere, tappezziere e operatore per archiviazione e digitalizzazione documenti.
Note conclusive.
Note conclusive.
In conclusione, ciò che si nota è un tentativo di progredire verso un incremento degli investimenti di settore ma dalla lettura dei dati raccolti emerge una sostanziale insufficienza e lentezza di intervento. I detenuti impegnati in attività lavorativa restano pochi a fronte di coloro che permangono in condizioni di inattività, i corsi di formazione sono insufficienti, i livelli di specializzazione sono di fatto inesistenti e l’applicazione del regime di turnazione all’interno di singoli istituti comporta che i detenuti restano impiegati per periodi di tempo brevi mentre i periodi di inattività si dilatano alimentando frustrazione e malcontento.
Non può non notarsi, inoltre, un ulteriore elemento di rilievo: una evidente sproporzione geografica tra le imprese che presentano le istanze per accedere alle agevolazioni fiscali e contributive previste dalla c.d. Legge Smuraglia.
La distribuzione delle istanze di accesso agli sgravi contributivi, infatti, è del tutto disomogenea, con un’elevata concentrazione delle istanze nel Nord-Italia, seppur restano delle criticità anche a livello locale come emerso nel caso di Trieste ove le comunicazioni con il territorio sono sostanzialmente inesistenti.
Come sopra evidenziato, la C.C. di Rebibbia N.C. ha in programma di avviare un’attività di comunicazione con il territorio il cui fine è proprio quello di diffondere a livello locale maggiore conoscenza della sussistenza delle opportunità contenute nella c.d. legge Smuraglia al fine di favorire le possibilità di lavoro offerte alla popolazione detenuta ed incrementare, conseguentemente, le istanze e l’accesso ai fondi. Il fine ultimo dovrebbe essere quello di pervenire ad una maggiore omogeneità che consenta di ripartire equamente le risorse e garantire l’accesso al lavoro esterno ai detenuti in tutti gli istituti penitenziari italiani. Sembra, pertanto, naturale chiedersi se non sia opportuno procedere ad una adeguata pubblicizzazione dell’opportunità offerta in modo da invogliare le imprese ad investire in tale settore al fine di implementare la platea di detenuti coinvolti che, allo stato, risultano davvero pochi, come dimostrano i dati analizzati. Al contempo è necessario procedere ad adeguati investimenti per assicurare dignità al lavoro offerto e copertura alle imprese che orientano la propria scelta nel senso di fornire opportunità lavorativa in tale settore in quanto, di fatto, gli stanziamenti attuali risultano sostanzialmente insufficienti.